Che cosa accade in un’azienda quando il manager tende ad accentrare tutti i compiti nelle sue mani?
Prendersi carico dei problemi degli altri, tentare di risolvere situazioni lasciate in sospeso, voler essere coscienti in ogni momento del lavoro di tutti, controllandolo, può essere una forte tentazione soprattutto per quelle persone abituate a pensare che “chi fa da sé fa per tre” o che per ottenere un lavoro ben fatto è meglio farlo da soli. Spesso mi capita di sentire espressioni come: “Se non ci pensassi io, chi lo farebbe?”, “Se non ci fossi io, da soli non combinerebbero niente” o ancora “Ero l’unico in grado di farlo bene, così ho preferito lavorare da solo a modo mio”.
Questa soluzione che, per alcuni versi risulta veloce, sicura ed efficace, per altri rischia di ripercuotersi su tutto il clima aziendale con conseguenze dirette e indirette sui dipendenti e sulle altre figure con un ruolo di responsabilità nell’azienda. Una leadership accentratrice e troppo controllante, infatti, influisce negativamente sull’autonomia e sull’intraprendenza dei dipendenti che, abituati ad aver costantemente un punto di riferimento a cui rivolgersi, non svilupperanno né l’indipendenza, né la capacità d’iniziativa. Questo atteggiamento incoraggerà e giustificherà a sua volta il leader troppo presente a continuare a partecipare e a seguire da “molto vicino” il loro lavoro che effettivamente necessiterà di essere controllato, in una sorta di circolo vizioso.
In una piccola azienda che ho avuto modo di osservare è accaduto, inoltre, che il leader molto ansioso e un po’“factotum”, ha trasmesso lo stesso stile di leadership anche agli altri responsabili di reparto che, a loro volta, sono onnipresenti, incutono soggezione a chi lavora con loro, spesso senza nemmeno rendersene conto, e tendono a gestire da soli le situazioni problematiche, inficiando così la comunicazione all’interno dello stesso reparto e con gli altri reparti dell’azienda ed in modo indiretto la motivazione dei dipendenti: “Non ho idea di quale sia il fatturato dell’azienda, né se stiamo andando bene o male, inoltre non si parla mai del nostro futuro!” mi ha riferito un dipendente che, come altri, tenuto fuori dalle discussione e dai progetti, non ha sviluppato una visione globale né dell’attuale situazione aziendale, né degli eventuali sviluppi futuri.
Il limite principale della leadership accentratrice è pero un altro: per quanto una persona possa essere valida e possa avere maggiori esperienze e competenze in diversi ambiti, dovrà comunque scontrarsi con la limitatezza del tempo e delle sue energie psicofisiche. Dedicare eccessive risorse a compiti che potrebbero essere svolti da altri, impedisce di dedicarsi pienamente a quei lavori che invece spettano a noi e che potremmo svolgere in modo più efficiente se solo avessimo tempo per farlo. Il risultato potrebbe essere, per esempio, che un settore di centrale importanza come il commerciale, venga trascurato per assistere e per controllare il lavoro dei singoli dipendenti negli altri reparti. Non solo, impedisce anche di dedicarsi alle cose realmente importanti, come la famiglia, per esempio, che trascuriamo, a causa di quel lavoro che spesso e volentieri (?!) siamo costretti a portarci a casa, così troviamo Pietro, manager e padre di due bambini, che dorme quattro ore a notte per riuscire a sistemare una situazione problematica che un suo socio non riesce a gestire.
DELEGARE quindi è la parola chiave, che non significa “Voi fate il vostro che io faccio il mio”, lasciando indiscriminatamente carta bianca sulle decisioni disinteressandosi del lavoro svolto dagli altri, anzi, le deleghe funzionano tanto meglio, quanto più è presente la comunicazione: riunioni intrareparto e tra reparti, programmate e svolte costantemente, non troppo lunghe e centrate sui problemi e sugli obiettivi, svolte preferibilmente di mattina e non di sera quando si accumulano la stanchezza e gli impegni della giornata lavorativa. Grazie alle riunioni, la situazione in questa piccola azienda sta progressivamente migliorando, esse infatti permettono a tutti di essere consapevoli dell’operato dei colleghi, evitando che esso rimanga “invisibile” agli occhi degli altri e superando quella suddivisione del lavoro per “compartimenti stagni”, è migliorata, inoltre la creatività che è emersa attraverso la produzione e la discussione in gruppo di nuove idee.
Quando il leader è troppo autoritario può accadere, inoltre, che i dipendenti, in soggezione, abbiano difficoltà a rivolgersi a lui per richieste o per eventuali problemi, lasciandolo quindi all’oscuro di questi ultimi, o, come mi è capitato di osservare, comunicando tramite e-mail piuttosto che face to face o rivolgendosi ad altri piuttosto che al responsabile, atteggiamenti che ancora una volta, in una sorta di profezia che si auto-avvera, alimentano la presenza controllante del leader, sentita come necessaria.
Dott.ssa Dania Osualdella